La realtà degli zoo
L’usanza di catturare animali selvatici per detenerli in cattività è molto antica, risale all’incirca all’epoca della civiltà egizia. Il motivo principale era esibire quello che veniva considerato un simbolo vivente di ricchezza e una manifestazione di supremazia sulla natura.
Se questi concetti oggi possono dirsi abbandonati, negli zoo si continua comunque ad esporre e far riprodurre animali per presunti scopi scientifici ed educativi, che mascherano neanche troppo velatamente gli interessi economici che si celano dietro al business degli animali in cattività per l’intrattenimento.
Nel 1992 ha avuto luogo a Rio de Janeiro in Brasile una conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo in cui furono esaminate le principali emergenze ecologiche e sociali del pianeta.
Durante questa conferenza venne stilata la Convenzione sulla Diversità Biologica[1], un trattato internazionale adottato per contrastare il rischio estinzione di innumerevoli specie animali che istituì:
• programmi di conservazione in situ, effettuati tramite politiche di salvaguardia dell’ambiente come l’istituzione di aree protette, parchi nazionali, parchi naturali e riserve
• solo in casi eccezionali, programmi di conservazione ex situ, da intraprendere all’interno degli zoo favorendo la riproduzione di specie minacciate, anche prelevate in natura ma preferibilmente autoctone, con l’obiettivo di:
→ conservarli in cattività
→ tentare in alcuni casi un ripopolamento, ovvero il rilascio di alcuni esemplari nati in cattività
LA CONSERVAZIONE DELLE SPECIE NEGLI ZOO
E’ eticamente inaccettabile poiché non tiene conto delle conseguenze che colpiscono gli animali detenuti:
• eccessivo stato di paura e angoscia durante la cattura (i prelievi in natura hanno un alto indice di mortalità) e durante il trasporto, effettuato anche per esemplari nati in cattività e successivamente scambiati fra gli zoo
• disagio per la reclusione costante in un ambiente artificiale che per quanto spazioso e con arricchimenti ambientali non potrà mai sostituire la libertà nell’ambiente naturale
• repressione di tutti gli istinti selvatici, gli animali sono completamente dipendenti per ogni necessità dagli esseri umani
• continuo stress dovuto alla presenza dei visitatori
• difficoltà di adattamento al nuovo clima
• alimentazione differente
IL RIPOPOLAMENTO DI ANIMALI NATI NEGLI ZOO
E’ completamente inefficace, l’estinzione di alcune specie animali è una questione di assoluta gravità al punto che alcune persone, male informate sugli effettivi risultati dei programmi di ripopolamento, potrebbero considerare per questo secondarie le privazioni fisiche e psicologiche a cui saranno costretti gli animali, la stragrande maggioranza, che vivranno rinchiusi.
Ma nonostante i giardini zoologici pubblicizzino molto questi obiettivi, moltissimi studiosi individuano punti critici insuperabili:
• l’incapacità degli animali di procacciarsi adeguato cibo e sapersi difendere dai predatori
• le basse difese immunitarie con conseguente possibilità di contrarre malattie dovute al limitato patrimonio genetico a disposizione che rimane inalterato solo se gli animali si riproducono casualmente nell’ambiente naturale. Ciò avviene nonostante gli zoo si scambino fra loro gli animali per cercare di evitare fenomeni di inbreeding (incrocio fra individui strettamente imparentati)
• l’inaffidabilità delle ricerche effettuate in cattività sul ciclo biologico delle specie i cui risultati sono viziati dalla cattività stessa
• l’inadeguatezza assoluta degli zoo che non possono garantire i principali requisiti necessari per almeno tentare un ripopolamento: ampi spazi di contenimento limitrofi all’habitat in cui l’animale verrà reintrodotto, progetti dedicati solo a un limitato numero di specie e minimi contatti con l’essere umano
LA SITUAZIONE IN ITALIA
Gli obiettivi scientifici degli zoo, oltre ad essere moralmente condannabili, non costituiscono certo il leitmotiv delle strutture presenti in Italia.
La Direttiva Europea 1999/22/CE è stata recepita con tre anni in ritardo dalla scadenza prevista per l’adeguamento con il Decreto Legislativo n° 73 del 21-3-2005 (modificato in seguito dal peggiorativo Decreto Ministeriale 18-1-2006 e Decreto Legislativo 4-4-2006).
Sia la lentezza dell’attuazione sia l’inosservanza delle disposizioni hanno portato l’Unione Europea ad aprire una procedura di infrazione contro l’Italia.
Nonostante le norme europee non considerino i giardini zoologici come luoghi di intrattenimento e spettacolo, nel nostro paese esistono zoo con all’interno parchi divertimento (con giostre e attrazioni da luna park). Questo a causa di una legge datata 1968 che equipara inspiegabilmente alcune strutture che detengono animali in cattività con i circhi e gli spettacoli viaggianti.
Gli animali detenuti a scopo di conservazione sono in realtà un numero esiguo, molti appartengono a specie appetibili da un punto di vista commerciale in quanto ritenute più affascinanti all’occhio del visitatore.
Nonostante i giardini zoologici affermino di prendersene cura, gli spazi artificiali e limitati di vita e lo stress delle visite li rendono i luoghi meno adatti per garantirgli una vita dignitosa.
Non è raro notare nei giardini zoologici italiani animali rinchiusi in strutture fatiscenti, vittime di comportamenti stereotipati.
Non esiste ancora un elenco ufficiale dei giardini zoologici, in cui rientra per legge qualsiasi struttura pubblica o privata nella quale vengono tenuti a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l’anno, animali vivi di specie selvatiche. Sono 88 le strutture che hanno richiesto l’autorizzazione[2] ma è probabile che il numero di quelle realmente esistenti sia maggiore.
Solo dieci hanno ottenuta la licenza, le restanti avrebbero dovuto apportare sostanziali cambiamenti entro il 2007, ovvero entro 2 anni dall’entrata in vigore del decreto pena la chiusura. Ma la lentezza burocratica dei controlli mira a prendere tempo e a non investire fondi nel sequestro e nella ricollocazione di animali selvatici, a volte pericolosi o di grossa mole.
[1] http://www.naturaitalia.it/home_it/biodiversita/biodiversita-nel-mondo/con-div-bio.html