ESPERTI

 

A.Manzoni copiaAnnamaria Manzoni  [psicologa – psicoterapeuta]

Psicologa, psicoterapeuta, grafoanalista, accreditata presso l’Ordine degli Psicologi della Lombardia come psicologa Clinica e dell’Età Evolutiva e in Psicologia Giuridica, ha collaborato per anni con il Tribunale per i Minorenni di Milano ed è attualmente consulente presso il Tribunale di Monza. Ha pubblicato diversi articoli professionali inerenti le problematiche psicologiche del rapporto uomo-animali e da anni è impegnata come attivista in alcune associazioni animaliste, svolgendo un’attività di sensibilizzazione individuale e sociale.

Mostrare ai bambini animali privati di tutto ciò che li definisce, ridotti ad attori svogliati nel teatro dove la loro unica funzione è essere guardati, è inevitabilmente scuola di irrispettoso dominio su di loro. Non può essere questo il modo per ricercare una relazione, neppure vagamente conoscitiva, con gli animali, che, allontanati dal branco e dalle loro naturali condizioni di vita, si riducono a pallida fotocopia di se stessi;  non si devono  procurare il cibo così come sarebbe nella loro natura fare, non si riproducono secondo i ritmi naturali: qui gli operatori parlano piuttosto di incubatrici dove porre  uova di struzzo, o di esemplari ideali per la riproduzione con cui fare accoppiare quelli a disposizione, da portare quindi  in altri contesti  da raggiungere con viaggi anche lunghi e certamente stressanti, per ottimizzare il ‘risultato’: il bell’esemplare.
Ancora una volta va in scena la rappresentazione di un rapporto di predominio: l’uomo decide a proprio esclusivo vantaggio di immettere in un contesto definito animali da trasformare in attrazione turistica e in macchina da soldi e gli animali da parte loro non possono che abdicare alla loro essenza in un rapporto up-down falsamente sdoganato come momento di immersione nella natura.  > Leggi ancora

 

R.MarchesiniRoberto Marchesini  [etologo, zooantropologo]

Dopo la laurea in Medicina Veterinaria prosegue gli studi nel campo dell’etologia cognitiva, della zooantropologia e della bioetica animale, dove, in vent’anni di ricerca, è divenuto una delle voci più importanti nel panorama nazionale. Autore di oltre un centinaio di pubblicazioni, promuove tramite Siua, la Scuola di Interazione Uomo-Animale da lui fondata e diretta, una cultura della relazione interspecifica non antropocentrica.

L’educazione al rapporto con la natura e con gli animali si basa sulla capacità di accettare il motto eracliteo fusis filei kruptein (la natura ama nascondersi), imparare cioè attraverso la discrezione, il silenzio, l’osservazione attenta a collegarsi alla complessità ascosa del vivente. Ogni semplificazione e ogni esibizione diventano di fatto degli eventi diseducativi perché spogliano la natura dei suoi caratteri peculiari. Una passeggiata in un bosco o anche restarsene distesi su un prato, sui margini di un fosso o di uno stagno oppure girovagando lungo la riva di un torrente, sono momenti educativi perché ti insegnano a muoverti furtivamente, ad andare oltre le apparenze, a fare silenzio, ad apprezzare l’articolazione coniugativa tra la flora e la fauna. Un circo o uno zoo sono diseducativi non solo per l’aspetto etico, vale a dire per la sofferenza che implicano e per il fatto di ridurre gli animali a oggetti, ma anche perché indirizzano in senso contrario l’interesse del bambino mostrandogli una natura spogliata e disarticolata, una natura morta ove gli animali, seppur in vita, ricordano il laboratorio del tassidermista. Lo zoo safari di Ravenna non si discosta da questo paradosso, spacciando per momento educativo un labirinto caleidoscopico di fantasmi animali che si aggirano nel nulla. Non ci sono piante, ambienti, lontananze… solo file di automobili e vapori di marmitte lungo una rotta di vetrine da centro commerciale dove al posto di prodotti ritroviamo ugualmente reificate varie specie di mammiferi. A questi animali manca l’anima e non cambierebbe molto se al posto di esseri senzienti ci fossero delle sagome di cartone. Il problema è che per quanto alienati quelli restano comunque esseri senzienti che devono sopportare in silenzio quell’esposizione assurda e pornografica che scambia la pedagogia con il divertimento più banale.

 

A.De MarcoAntonio De Marco  [biologo, responsabile del Parco del Piano dell’Abatino]

Biologo, evoluzionista, ricercatore del CNR, dal 2000 coordina progetti di conservazione e di recupero di fauna in difficoltà,  ha fondato e gestisce il Parco Faunistico del Piano dell’Abatino. Conduce attività di ricerca sul benessere animale, con particolare attenzione ai primati, su aspetti connessi all’ecologia comportamentale.

In uno zoo safari il numero dei visitatori andrebbe strettamente rapportato alla possibilità della struttura di accoglierli senza creare situazioni di fastidio e in alcuni casi di vero stress per gli animali che vi sono ospitati, questo perché l’attività commerciale non dovrebbe rappresentare la finalità dello zoo.
Ma se il contatto, anche solo visivo, tra visitatori ed animali ospitati non è inserito all’interno di regole di salvaguardia che pongano come essenziali il diritto per i soggetti ospitati di avere spazi per sottrarsi all’esposizione da usufruire quando se ne sente il bisogno, allora gli elementi di problematicità possono divenire tali da compromettere lo stesso mantenimento dello zoo.
Il comportamento che deve seguire chi visita uno zoo dovrebbe essere ispirato al massimo rispetto per gli animali che vi sono ospitati. A maggior ragione non dovrebbe essere ammissibile che la direzione dello zoo impieghi musica ad alto volume offrendo di se stessa un pessimo esempio di comportamenti che dovrebbe al contrario disincentivare.
Forse l’elemento di maggiore criticità riguarda la voliera dei babbuini dove questi animali mangiano ciò che viene offerto loro dai turisti. Se è fortemente discutibile l’idea che un trenino o un automezzo penetri all’interno di uno spazio che la popolazione ospitata dovrebbe ritenere proprio ed inviolabile, ancora più inaccettabile è che sia permesso attirare l’attenzione degli animali offrendo loro gli alimenti più svariati. Tutto questo è inconciliabile con il mantenimento della struttura.

 

M.RiboldiMyriam Jael Riboldi  [etologa relazionale]

Naturalista e studiosa di scienze biologiche, ha conseguito a metà degli anni ’90 una laurea presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Statale di Milano. Durante tutta la vita ha proseguito negli studi di etologia, zoologia e zooantropologia, dedicandosi con passione al rapporto con gli animali, con particolare attenzione alla componente emozionale ed empatica che coinvolge due
individui che entrano in relazione.

Abbiamo una concezione abbastanza parziale di cosa significhi socialità se riferito ad animali non umani e tendiamo a liquidarla con l’idea ‘di animali che stanno insieme’. Socialità e stato emotivo negli animali sono strettamente correlati e riguardano prima di tutto lo sviluppo corretto dei cuccioli – intesi come futuri adulti equilibrati. Crescere in un gregge o in un branco ma anche vivere in uno stormo o in una famiglia, non si riduce a mettere degli animali insieme, ma implica consentire che gli animali possano sperimentare le dinamiche che regolano il gruppo, i legami famigliari e le strutture sociali oltre che l’insieme dei comportamenti relazionali, le forme di collaborazione e competizione e le situazioni che creano disagio e conflitti. La comunicazione tra animali della stessa specie e in particolare nelle specie fortemente sociali –  come elefanti, antilopi, giraffe, canidi, molti felini e tanti altri presenti animali presenti nello zoo safari di Ravenna –  è un processo che comincia con il gioco fra cuccioli e continua con tutte le interazioni che avvengono all’interno del gruppo in cui essi crescono. Durante lo sviluppo fisico, emotivo e comunicativo dei giovani individui nella propria famiglia o nel proprio gruppo, si negoziano le regole di convivenza sulla base delle qualità individuali e sociali più evolute quali fiducia, altruismo reciproco, empatia, correttezza, equità.  > Leggi ancora

 

S.VenturiniSamuele Venturini  [biologo]

Presidente dell’associazione MI.F.A. onlus, che tratta di ecologia, biologia ed evoluzione degli ecosistemi con particolare riferimento al fenomeno delle specie alloctone (aliene o esotiche) e delle invasioni biologiche.

Recentemente ho potuto visionare un filmato giunto alla mia attenzione dall’associazione Essere Animali e riguardante  lo zoo safari di Ravenna. Sulla base di quelle sequenze vorrei esprimere qualche mia personale considerazione. La cosa che più mi ha colpito è stata osservare alcuni comportamenti ‘anomali’ per l’etologia di alcune specie presenti, mi riferisco in particolare all’elefante. Tali manifestazioni possono essere innescate dalle condizioni ambientali in cui questi animali si trovano. Lo zoo infatti è circondato da infrastrutture viabilistiche molto frequentate. Pullman e automobili che sostano anche per pochi secondi ma così vicino agli animali provocano inevitabilmente degli stress sia psichici che fisici, penso per esempio al rumore dei motori e ai gas di scarico dei veicoli. Certo, gli animali apparentemente non lo danno a vedere perché  tendono ad adattarsi, ma tutte queste situazioni rischiano poi di provocare effetti anche letali per loro stessi.  Vorrei ribadire il fatto che ciascun individuo di una data specie o genere è intimamente legato alla biogeografia del proprio habitat di origine. La mancanza poi di stimoli ambientali (arricchimento ambientale come punti di riparo e tratti di vegetazione folta) arreca gravi danni nella psicoetologia faunistica che varia da individuo a individuo. Naturalizzare gli animali negli zoo è biologicamente impossibile. A mio parere  uno zoo di questo tipo è diseducativo sia per gli animali che soprattutto per le persone perché da quello che ho potuto evincere si antepone lo spettacolo al rispetto della vita. Conosco altri parchi faunistici degni di nota e fatti ‘su misura’ per la conservazione faunistica dove gli animali sono rispettati tenendo in considerazione tutti i particolari ambientali che fanno parte delle caratteristiche biologiche di ciascuna specie.