FAQ

 

Perché sostenete che lo zoo safari non sia il luogo adatto per ospitare animali già nati in cattività e abituati alla presenza dell’uomo?
Perché non crediamo che una struttura simile possa garantire l’adeguata tranquillità che questi esemplari, già provati da anni di reclusione in spazi molto limitati lontano dal loro habitat naturale, necessiterebbero.
Lo zoo safari di Ravenna non è certo un santuario dove potranno riposare in pace fino al resto dei loro giorni. Nonostante venga detto che sono abituati alla presenza dell’essere umano (tanto da essere apatici perché sovraesposti a questo incontro forzato), questo non vuole certo significare che possiamo tranquillamente invadere il loro spazio vitale con le automobili. E’ vero che questi animali sono abituati, ma ad una discutibile consuetudine.

Lo zoo safari di Ravenna accoglie animali non più utilizzati nei circhi, perché non siete quindi favorevoli alla sua realizzazione?
All’interno della società ALFA 3000, proprietaria dello zoo safari di Ravenna, figurano alcuni esponenti del circo Medrano. Ecco svelato il business che ruota attorno lo zoo: i circhi trovano una comoda soluzione per sbarazzarsi di esemplari ingombranti e per loro non più utili che saranno esposti nello zoo safari, mentre altri animali verranno impiegati nel circo, addestrati a compiere esercizi per loro innaturali e costretti a vivere per sempre in cattività.

Lo zoo safari di Ravenna potrà accogliere anche animali provenienti da situazioni difficili, come altre strutture dismesse per condizioni di detenzione non idonee, non è questa una motivazione plausibile?
In Italia vi sono strutture fatiscenti che detengono animali in pessime condizioni che non potranno mai essere liberati in natura perché non sopravvivrebbero, in quanto incapaci di procacciarsi da soli il cibo o difendersi dai predatori. Questi esemplari andrebbero trasferiti in luoghi a loro più consoni, lontano dallo stress quotidiano che i giardini zoologici inevitabilmente gli causeranno.
Inoltre lo zoo safari non nasce esplicitamente per questo motivo, basta pensare che molti animali provengono da altri giardini zoologici dove sono allevati, e quindi fatti nascere, proprio per essere esibiti.

Ma anche gli animali ospiti dei santuari vivono al di fuori del loro ambiente naturale e vengono detenuti in recinti, perché non contestate anche questi luoghi?
Perché è completamente diversa la politica che si prefiggono e la visita del pubblico avviene nel rispetto degli esemplari ospiti. Non vi sono automobili, bar e giostre che invece fanno da contorno agli zoo safari. I santuari accolgono animali feriti oppure sequestrati ma non li fanno riprodurre, proprio perché per i nuovi nati sarebbe molto difficile, se non impensabile una liberazione in natura, compito molto arduo che risulta difficile anche se il luogo che li ospita è dotato di quelle caratteristiche fondamentali necessarie per almeno tentare questa operazione: ampi spazi di contenimento limitrofi all’habitat in cui l’animale verrà reintrodotto, progetti dedicati solo a un limitato numero di specie e contatti minimi con l’essere umano.

Negli zoo gli animali si riproducono e inoltre vivono a lungo, non basta questo per dimostrare il loro benessere?
Assolutamente no. Questi aspetti costituiscono veri e propri miti da sfatare. Innanzitutto oltre alla quantità, cioè alla durata della loro vita, sarebbe meglio interessarsi alla qualità delle condizioni di detenzione, e crediamo che vivere in uno zoo, esibiti continuamente al pubblico non costituisca un buon standard di mantenimento per questi animali.
Il fatto poi che alcune specie si riproducano anche in condizioni di detenzione per loro non idonee non dimostra nulla, se non che certi animali hanno uno spirito di adattamento migliore di altri.

Lo zoo safari di Ravenna è un parco a impatto zero e con energie rinnovabili e un metodo innovativo di riciclo dell’acqua, inoltre fornisce occupazione a tante persone che vi lavorano.
Questo aspetto però non ha nulla a che vedere con la detenzione di animali per l’intrattenimento. Ciò che contestiamo allo zoo safari è proprio questo, e soprattutto la riproduzione di questi esemplari, che trascorreranno l’intera loro vita in un recinto dello zoo, fatti nascere appositamente per essere mostrati al pubblico.

Cosa ne pensate degli aspetti educativi e didattici perseguiti dallo zoo safari di Ravenna?
Crediamo che non sia educativo mostrare un animale inserito in un contesto per lui così innaturale, avvilito da una vita trascorsa in cattività che ne ha stravolto gli istinti e i comportamenti.
I giardini zoologici sostengono di informare le persone sull’importanza della salvaguardia ambientale ma l’aspetto commerciale  di queste strutture è completamente in antitesi con gli obiettivi che si prefiggono.

I giardini zoologici conservano gli animali a rischio estinzione, questo scopo non dovrebbe convincerci che sono necessari?
Oggi tutti i giardini zoologici e di conseguenza anche lo zoo safari di Ravenna devono possedere alcuni esemplari in via d’estinzione per poter ricevere la licenza e di conseguenza aprire al pubblico.
Crediamo che non abbia alcun senso preservare una specie in via d’estinzione ‘mantenendo’ in vita animali che sono minacciati nel loro ambiente naturale e preservarne così solo il ricordo biologico,  perché innanzitutto questo obiettivo non tiene conto delle conseguenze fisiche e psicologiche che subiranno questi animali, rinchiusi per tutta la loro vita in spazi limitati e privi di stimoli.

Lo zoo safari di Ravenna perseguirà anche ricerche scientifiche finalizzate al ripopolamento.
Lo zoo safari di Ravenna pubblicizza la presenza di alcune orici dalle corna a scimitarra, un’antilope classificate come estinta in natura, cacciata in passato per le sue corna e oggi presente solo nei giardini zoologici. Il fatto che un numero esiguo di orici nate in cattività siano state rilasciati da alcuni parchi europei in una riserva monitorata in Tunisia viene presentata dallo zoo safari di Ravenna in maniera fuorviante.
E’altamente improbabile infatti che gli esemplari ospitati in questa struttura siano inseriti in programmi che ne prevedono la reintroduzione: la presenza continua dei visitatori e delle automobili tronca sul nascere questi tentativi. Quello che con tutta probabilità avverrà sotto il nome vago di ‘ricerca scientifica inerente il ripopolamento’ altro non sono che studi sul ciclo biologico della specie finalizzati alla riproduzione di questi animali, che trascorreranno tutta la loro vita in cattività.

In che modo sarebbe più opportuno cercare di rimediare all’estinzione di numerose specie animali?
Da circa 150 anni, a partire dalla rivoluzione industriale, la nostra specie ha lasciato un’impronta devastante sull’ecosistema ed i suoi abitanti: secondo l’IUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, responsabile della stesura di una Lista Rossa che stima il rischio di estinzione di ogni singola specie, oggi sono minacciati il:
30% dei pesci
25% dei mammiferi
25% dei rettili
20% degli anfibi
12% degli uccelli

Solo in Italia su 672 specie di vertebrati prese in considerazione (576 terrestri e 96 marine), quasi un terzo sono a rischio estinzione. La quantità di specie scomparse negli ultimi anni non ha precedenti nella storia biologica e inquietante è la comparsa di banche di geni congelati delle specie più a rischio.
Ma se vogliamo veramente porre un freno all’estinzione di certi animali è necessario e urgente proteggerli nel loro habitat naturale agendo direttamente sulle cause che hanno generato questa situazione ecologica drammatica, riconducibili sempre alle attività umane:
• perdita dell’ambiente di vita originale dovuto allo sfruttamento eccessivo delle risorse
• caccia e pesca indiscriminata
• inquinamento

Quanti sono gli zoo in Italia?
Un numero indefinito che non è possibile stimare con precisione, ad agosto 2012 erano 88 le strutture che avevano avanzato richiesta di giardino zoologico ma solo una decina possedevano i requisiti necessari. Tutte la altre strutture avrebbero dovuto chiudere ma lo stesso Ministero dell’Ambiente mira a prendere tempo per la difficoltà di ricollocare in altre strutture animali selvatici, pericolosi o di grossa mole.